Di Fabrizio Monticone
Che lo squat sia il cosiddetto “esercizio principe” lo sanno tutti.
Che alleni praticamente ogni zona del nostro corpo è una frase che conosce chiunque, anche chi non è avvezzo agli allenamenti.
D’altronde si sa: vuoi fare i glutei? Fai squat. Vuoi allenare le gambe? Fai squat. Vuoi rinforzare gli addominali? Fai squat.
Si potrebbero citare decine di domande e risposte simili, sentite in palestra, pronunciate da un istruttore o su qualche video su youtube.
Il problema però nasce dopo, quando si vuole capire in che modo lo squat serva ad allenare tutti i muscoli.
Saper rispondere esattamente a questo quesito, è uno di quei casi nei quali la teoria, può venire in forte aiuto della pratica, migliorandone la performance.
A livello muscolare la discesa in accosciata è semplice, quello che a noi interessa è l’attivazione dei muscoli durante la risalita dalla cosiddetta “buca”.
Quali muscoli si attivano, ma soprattutto: perché? Ci sono dei muscoli più importanti ed altri che possono essere trascurati?
L’idea comune è quella che quando si hanno le gambe piegate basti l’azione dei quadricipiti per sollevare il corpo.
In realtà questo non è assolutamente vero, e non per via del carico che si può avere sul bilanciere: il quadricipite, nonostante la sua forza, non è assolutamente in grado di far sollevare il corpo dallo squat.
Il motivo è banale, ma stranamente non considerato dai più. Senza fare grandi trattati anatomici, è noto a chiunque che dei 4 capi di questo muscolo, 3 sono mono articolari (agendo solamente sul ginocchio) ed uno è biarticolare: il retto femorale.
Osservando la sua origine nella spina iliaca antero inferiore, quando il quadricipite si contrae il retto femorale porta il busto a flettersi sulla coscia.
In questo modo, provando a risalire dalla posizione di accosciata, le ginocchia si distenderanno ma il busto si inclinerà in avanti, impedendo la risalita e facendoci cadere a terra.
Il quadricipite crea inoltre un secondo problema non da poco.
L’artocinematica del ginocchio ci mostra come la forza esercitata dal suo tendine crea oltre ad un movimento di rotolamento dei capi articolari del ginocchio (tecnicamente un “roll”), anche una traslazione verso avanti (detto “slide”), che può andare ad incidere in maniera negativa sul legamento crociato anteriore.
Questo specialmente negli ultimi gradi di estensione.
Per prevenire possibili lesioni interviene come muscolo stabilizzatore il bicipite femorale, che ha 2 compiti nello squat, uno dei quali è evitare lo slide anteriore del ginocchio, contrastando l’azione del quadricipite.
A questo punto molti potrebbero pensare che il bicipite femorale ha anche la funzione di estensore del busto, il che è vero.
La sua azione però è decisamente limitata dal fatto che durante lo squat le sue fibre rimangono pressoché della stessa lunghezza, poiché ad un’estensione del ginocchio corrisponde anche una estensione dell’anca.
Questo non permette le classiche fasi di lavoro concentrico/eccentrico del muscolo, riducendo molto il suo ruolo come partecipante attivo nell’ estensione del busto.
Il secondo compito del bicipite femorale riguarda quello di agire come “punto fisso” per i glutei.
Se infatti è vero che i muscoli posteriori della coscia non agiscono in maniera importante per l’estensione dell’anca, lo stesso non si può dire per i glutei.
Avendo come punto fisso il femore, tenuto stabile dalla tensione dei femorali, i glutei sono fondamentali per potere estendere l’anca portando il busto in verticale.
È doveroso fare un piccolo affondo su questo muscolo per capire quanto sia fondamentale eseguire gli squat per allenarlo al meglio.
Il picco di massima forza dei glutei si trova quando l’anca è estesa, mentre nello squat viene richiamato in maniera massimale quado l’anca è flessa. Inoltre le fibre muscolari di tutti e tre i muscoli dei glutei non seguono la linea di spinta delle gambe ma hanno un decorso obliquo, verso l’esterno.
Questo è il motivo per cui sono dei muscoli extra rotatori. Se si vuole aumentare il coinvolgimento dei glutei durante la fase di risalita da uno squat (con o senza sovraccarico) è indispensabile allargare leggermente le gambe ed extra ruotare i piedi.
In questo modo il femore si troverà in linea con le fibre dei glutei che avranno una posizione fisiologicamente più favorevole per esprimere forza.
Tornando allo squat, se si prova ad effettuare la risalita usando i muscoli che abbiamo citato fino ad ora si noterà che il ginocchio tenderà sempre a sfuggire in avanti, sbilanciando il corpo facendoci cadere oppure sovraccaricando il legamento crociato anteriore.
Anche se i bicipiti femorali sono intervenuti a stabilizzare l’articolazione, il loro contributo da solo non basta.
E’ necessario l’intervento di un altro muscolo biarticolare: il gastrocnemio. Originando sugli epicondili del femore, è un fondamentale stabilizzatore del ginocchio.
A questo punto gli arti inferiori sono saldi ed i muscoli ben coordinati fra di loro, manca il busto che invece tenderà a collassare su sé stesso senza l’intervento della giusta muscolatura.
Fra i molti che intervengono ne vanno citati sicuramente due: il primo è il trasverso dell’addome.
Viene attivato tramite manovra di Valsalva ed il suo contributo è fondamentale per aumentare la pressione intra addominale, stabilizzando la colonna e dissipando al meglio le compressioni alle quali è soggetto il rachide.
Nella parte posteriore della colonna vertebrale ci sono i vari erettori spinali che, coordinandosi fra di loro, aiutano la colonna a mantenere il più possibile la neutralità delle curve del rachide.
In questa breve e semplicistica spiegazione non sono state trattate le differenze antropometriche delle singole persone o la differenza di tecnica, come ad esempio fare uno squat high bar o low bar.
Ogni piccola modifica, data anche da differenze sulla mobilità articolare, capacità di attivazione muscolare, ecc. può cambiare totalmente la dinamica dello squat.
Ogni persona andrebbe studiata a fondo nei più minimi particolari per poter personalizzare al meglio la tecnica di esecuzione.
Per poter personalizzare un movimento è comunque importante conoscere le dinamiche che avvengono in quello che può essere considerato un “classico” squat.
È vero che per allenarsi o allenare le persone non è fondamentale conoscere tutta la teoria, ma è anche vero che conoscere a fondo ciò che si pratica o che si insegna, aiuta ad apprendere ed a trasmettere al meglio, ogni singolo esercizio.
L’autore:
- Docente presso vari enti di promozione e Federazioni Sportive
- Master Trainer per importanti aziende internazionali
- Content editor specializzato in contenuti riguardanti attività fisica, alimentazione e stile di vita
- Personal Trainer
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